giovedì 30 marzo 2017

Sacralità dell'acqua, sacrilegio dei ponti

immagine emblematica di ponte
Con l'ultima serata del 24 marzo, il prof. Tiziano Leonardi ha trattato l'argomento dell'acqua, tema attinente al luogo dell'incontro svoltosi presso il Museo del Rubinetto di S. Maurizio d'Opaglio e, soprattutto, nella coerenza del ciclo di conferenze che avevano il titolo "Parole sull'acqua".
Sintetizziamo l'ampiezza degli argomenti illustrati dal relatore, sottolineando i concetti più significativi.
ponte in Valsesia a Rassa
In antichità l'acqua era considerata sacra. I fiumi, considerati delle divinità, dividevano due territori, delimitati dalla natura, per cui attraversarli o addirittura collegarli con dei ponti costituiva un atto di sacrilegio: la trasgressione di un tabù, che doveva essere, in qualche modo, espiata con un sacrificio umano, sostituito, nel tempo, da un semplice rituale con recitazione di formule magiche ed esposizioni di simulacri lignei in sostituzione delle vittime immolate per soffocamento. Non a caso, nell’antica Roma, l’architetto, a cui era dato il compito di costruire un ponte, doveva possedere soprattutto un carisma religioso tant’è che ancora oggi il titolo di pontefice (costruttore di ponte da pontem facere) si riferisce al Papa.
Superare un corso d’acqua, dunque, era ritenuto un atto sacrilego.

Ponte Calatrava a Reggio Emila
Ponte levatoio illuminato a Sanpietroburgo
Tuttavia la figura del ponte è un vero e proprio “simbolo” cioè una figura doppia, una compresenza di opposti, secondo l’originaria etimologia greca: il simbolo che non mostra mai, semplicemente, una sola faccia, ma è come una medaglia che ha un recto e un verso. Il ponte “riunisce” in sé molti aspetti contrastanti: “unisce” e, al tempo stesso, “divide”: è “sospeso” tra due mondi, può essere “isolato” e “abitato”, può “crollare” e persino “muoversi”. È strumento della conquista del mondo da parte dell’uomo e, al tempo stesso, l’opera più sacrilega di tutte, perché intacca, oltre la terra, anche l’acqua, l’elemento sacro per eccellenza in tutte le culture antiche.



lunedì 27 marzo 2017

La sapienza dei vecchi strumenti

 
il corno di richiamo: conchiglia di mare
La storia umana, professionale e familiare di generazioni di artigiani è a volte racchiusa negli attrezzi che furono usati, sui quali rimane come un'eco: manici e punti di presa consumati fino ad adattarsi perfettamente alla mano dell'artigiano, permeati fino in fondo dal sudore di quelle stesse mani.
Attrezzi vecchi ma ancora funzionanti esprimono le più alte aspirazioni d'arte che il tempo e l'usura non riescono a degradare, esercitano ancora un certo fascino su coloro che lavorano con utensili manuali.
Ad Alzo le cave contribuirono allo sviluppo della viabilità e delle strutture di servizio, ma furono gli scalpellini che lasciarono l'impronta più significativa di quell'epoca, con i manufatti che oggi contraddistinguono il territorio.

buràcia,cumpàas, squadar e auti arnes
I modesti attrezzi utilizzati, ma razionali ed estremamente pratici nella loro semplicità, testimoniano il duro lavoro e la capacità di chi li utilizzava e, soprattutto, sono i loro nomi nel gergo specifico che raccontano la storia e nella loro interpretazione e traslazione del significato si serba la memoria dell'antico lavoro.

giovedì 23 marzo 2017

Dal sasso all'ottone: una nuova professione



Sulla sponda occidentale del lago, la professionalità del rubinettaio nacque lentamente dall'incontro tra quella dell'antico fonditore e quella dello scalpellino.
Gran parte dei rubinettai della prima generazione furono scalpellini, un mestiere dalla forte componente artigiana, che richiedeva una spiccata abilità e creatività individuale.
operai della fonderia artistica
Tra le nascenti attività del settore che si distinsero ad Alzo ci fu la Fonderia Artistica Adolfo Juttner e Gino Bedoni che iniziò nel settembre 1904, stabilimento dotato di moderni impianti galvano-plastici e rifornito di energia elettrica dalla Ditta Piscia.

La prima opera di cui si ha notizia risale al 1906, quando lo scultore Edoardo Tandardini (nato a Novara nel 1888) appena diciottenne, entrò come modellatore e scultore alla fonderia Artistica alzese, dove fu coniata una medaglia celebrativa del vescovo Gamba. “Eduardo” continuò a prestare la sua opera anche dopo il ritiro di Juttner, quando l’azienda ebbe come unico titolare lo scultore Bedoni, formatosi nella prestigiosa scuola d’arte di Varallo Sesia. Purtroppo, nel 1911, Gino Bedoni morì prematuramente di malattia e la gestione dell’atelier fu affidata dal fratello, l’avvocato Isidoro, al direttore dello stabilimento Giacomo Conti e a un nipote Simonetta. Le fusioni d’arte cessarono poco dopo con l’inizio della prima guerra mondiale, quando d’altra parte Tandardini fu richiamato al fronte. Tra le altre opere realizzate in zona da “Eduardo” si ricorda nel 1908, la fusione donata dai cavatori di Alzo al proprietario Giosellino Peverelli. 

lunedì 20 marzo 2017

L'acqua si fa arte

La conferenza della d.ssa Cosetta Dal Cin sul rapporto tra acqua e l'arte dei grandi Maestri passati, ha richiamato l'attenzione sul ruolo fondamentale di questo liquido elemento nell'ispirare pittori di ogni epoca, probabilmente per il forte significato simbolico che gli è stato attribuito.
fontana della giovinezza
Veduta di Delft
Monet
Partendo dal '400 con l'affresco del castello medievale della Manta in provincia di Cuneo, dove l'importanza dell'acqua è rappresentata dalla "fontana della giovinezza", attraverso le opere dei Maestri come Botticelli (La nascita di Venere), si è proseguito il percorso con la seicentesca Veduta di Delft di Vermeer, per raggiungere Venezia con L'isola di s. Giorgio del Guardi, e poi ancora l'immagine della Morte di Ofelia di Maillais, pittore inglese preraffaelita; non poteva mancare un'opera impressionista: la più signficativa in assoluto "Le soleil levant. Impression di Monet.

L'isola dei morti
L'opera forse meno conosciuta dai non addetti ai lavori, che ha concluso la conferenza, è un quadro di fine '800 "L'isola dei morti" di Boecklin, la cui visione è di grande impatto emotivo. L'impressione è quello di uno spettacolo di grande desolazione in un'atmosfera mistica ed ipnotica.

Arnold Boecklin, pittore simbolista svizzero, dipinse diverse versioni di questa opera ed anche Adolf  Hitler  possedeva un originale.
Le cronache informano che il cimitero era vicino allo studio del pittore e fu anche il luogo dove fu sepolta la figlia Maria (Boecklin perse otto dei suoi quattordici figli).
Quale sia il modello per l'isolotto roccioso dipinto dall'artista non è mai stato chiarito anche se molte sono state le ipotesi dibattute fra i critici d'arte, e lo stesso pittore elvetico non ha mai dichiarato espressamente a quale luogo si fosse ispirato per dipingere il quadro.


giovedì 16 marzo 2017

La regina del lago d'Orta per eccellenza


Nunziatina Ricciotti, la Nunziadin, (1900-1985) era una donna minuscola, magra, intelligente e colta. Si dice che avrebbe voluto studiare per diventare maestra, ma il padre contrastò questa sua scelta e così dovette intraprendere la professione di barcaiola. Godeva di piena fiducia da parte dei suoi compaesani, che le affidavano molti compiti da svolgere a Orta: pagamento di bollette, versamenti in banca, acquisto di medicinali, acquisto di prodotti al mercato, con una precisione certosina senza mai cadere in alcun errore. A Pella infatti non esistevano né banca, né farmacia.
Per la sua lunga attività svolta sul lago, Nunziadin ricevette una targa benemerenza dal Comune di Pella, con una cerimonia che si svolse in piazza Motta il 25 luglio 1976 alla presenza delle autorità locali e dei concittadini in una giornata promossa dalla Pro Loco che, nella prima edizione, chiamò “Festa dell'amicizia”.
Nella sua semplicità era rimasta ferma nel tempo; preferiva remare e non utilizzare il motore per la sua barca. Anche la tariffa che chiedeva per il trasporto era così modesta che il più delle volte si affidava all'onestà del cliente con un disarmante “faccia lei”..
Un tempo per gli sposi di Pella e di Orta era tradizione chiamare la Nunziadin e farsi accompagnare all'isola per chiedere la benedizione di San Giulio. Sposarsi e fare un giro in barca era un rito abituale ed è per questo che Nunziadin divenne la più famosa barcaiola del lago d'Orta.
L’ultimo suo traghetto lo compì all’età di 81 anni: condusse con la sua barca una giovane coppia all’Isola di s. Giulio per la cerimonia delle nozze.


lunedì 13 marzo 2017

C'era una volta: il lato oscuro delle fiabe

L'antico papiro con i primi racconti conosciuti
Nella conferenza del 10 marzo presso il Museo del Rubinetto, Tiziano Leonardi – docente del Centro di ricerca in lingue e letterature europee comparate dell'Università di Losanna – ha svelato le origini delle fiabe che hanno radici addirittura in un antico papiro egiziano.
La locuzione fiaba non è mai stata usata dagli scrittori che hanno indicato gli scritti come "novelle", "racconti", "storie", mentre è nostro uso utilizzarla per definire un posto bellissimo, con un'idea sempre positiva: colpa dei libri che ci hanno letto da bambini e soprattutto quelli dei fratelli Grimm.
Ma le fiabe non sono proprio come ce le tramandano dall'800 ad oggi in quanto hanno subito, dopo la prima edizione, continue modifiche e reinterpretazioni che nascondono i cupi e inquietanti retroscena del mondo fatato.
Fra le maggiori considerzioni sottolineate del conferenziere, colpisce la totale mancanza di senso materno nelle figure femminili dei fratelli Grimm che, nei racconti, sostituiscono la madre con la immancabile matrigna cattiva.
I racconti, in origine, erano destinati ad un pubblico adulto poi i Grimm riscrissero le fiabe edulcorandole perché diventassero educative: le famose fiabe "con la morale".
Un esempio per tutte: Cappuccetto rosso
Nel tempo si sono susseguite analisi e interpretazioni presenti nel sottotesto della storia evidenziando come la fiaba si presti a una interpretazione freudiana e potrebbe essere intesa come un'esortazione a non esercitare il "mestiere".
Quella della "giovane donna nel bosco" è uno stereotipo che in molte tradizioni viene metaforicamente associato alla prostituzione; nella Francia del XVII secolo, tra l'altro, la "mantellina rossa" era un segnale esplicito in questo senso.
E cos'è una fata? E' una figura femminile della mitologia popolare europea, dotata di poteri magici generalmente usati a fini buoni, raffigurata come fanciulla o giovane donna bellissima.
Fata, da latino tardo, significa "fato", "destino". 


giovedì 9 marzo 2017

Antonio Calderara pittore a Pella

Il pittore arriva a Pella da Milano per la prima volta, e alloggia in un piccolo albergo dove rimane per un breve periodo e, nel 1934 si sposta a Vacciago appena dopo il matrimonio.
Nel 1935 ritorna a Pella con la moglie Carmela e la figlia Gabriella, e abita l’ultimo piano della torre medievale mentre lo studio è posto dove fu l'”Osteria del Vapore”, costruita su piloni nascenti dal lago. Il proprietario dell'Osteria era Francesco Ricciotti, sopranominato Cech dal tamburnin perché girava la manovella di una pianola nei giorni di festa.
Dopo questa breve parentesi, si trasferisce a Orta, considerata la "capitale" dell'omonimo lago.
Durante la sua permanenza nel nostro comune, Calderara ha immortalato alcuni angoli nelle sue pregevoli tele, immagini di un tempo passato.
L'Osteria del Vapore, che molti ricordano con nostalgia, fu demolita per una ristrutturazione urbanista del lungo lago di Pella.




lunedì 6 marzo 2017

Ernesto Ragazzoni d'Orta: una lettura al femminile

Sede del Museo del Rubinetto
Maina Mainardi ha commentato la vita dello scrittore e poeta Ernesto Ragazzoni, rivelando alcune notizie inedite come il suo soggiornare ciclico nella casa di Orta di proprietà della madre, una Gippini.
Ernesto Ragazzoni nato a Orta Novarese l'8 gennaio 1870, morì a Torino il 5 gennaio 1920 di cirrosi epatica, conseguenza della sua forte propensione al bere.
Appassionato di letteratura, nel 1891 pubblicò ne «Il cittadino novarese» i primi racconti e la raccolta di poesie Ombra, che comprendono anche traduzioni da Goethe, Edgar Allan Poe e Victor Hugo, nella tradizione della scapigliatura milanese.
Il 16 aprile 1899 si sposò con la giornalista Felicita Rey, figlia di un colonnello dei bersaglieri.
Ernesto Ragazzoni e Felicita Rey
Nella sua attività giornalistica fu collaboratore di varie testate. Per «La Stampa» divenne corrispondente estero: nel 1904 fu a Parigi, a Londra e poi , dal 1912 al 1918 ancora a Parigi.
Interessato alla letteratura inglese, nel 1899 e nel 1900 pubblicò alcuni saggi nella rivista bergamasca «Emporium» su Robert Louis Stevenson e Jerome Klapka Jerome.
Il Comune di Torino gli ha dedicato una via, nella zona del Parco Colletta.
La "lettura al femminile" fatta da Maina ha sottolineato la profondità di pensiero del poeta, nascosto e mascherato dall'ironia e dalle espressioni dissacranti usate nelle sue composizioni. Traendo alcune poesie contenute nel volumetto "Buchi nella sabbia e pagine invisibili", Maina ha declamato "Ad Orta", "De Africa", "L'apoteosi dei culi di Orta", "Elegia del verme solitario" e, per ultimo "Il mio funerale", nella cui citazione finale è sintetizzato il pensiero del poeta:
 "Qui giace Ernesto Ragazzoni d'Orta
nacque l'otto gennaio mille ed ottocentosettanta
e sotto, questo motto: D'esser stato vivo non gl'importa"


giovedì 2 marzo 2017

Le regine dell'acqua

Tipica barca a Pella
"Le regine dell'acqua” sono quelle donne del lago sul quale si è svolta la loro vita di barcaiole.
Dall'Ottocento e fino agli anni sessanta del Novecento sul lago d'Orta le donne di Pella svolgevano l'attività di barcaiole con le barche a remi, traghettando da una sponda all'altra del lago persone e merci. Esse partivano con le “gondole” remando vigorosamente e trasportando le venditrici con i loro prodotti e i turisti all’isola di S. Giulio, a Orta, Pettenasco e ritorno. Talvolta si spingevano fino ad Omegna, situata a nord del lago. Tenacia, buoni muscoli, conoscenza delle correnti e dei venti e senso dell'orientamento in caso di nebbia.
Albina Meloda e marito Maurizio Ottone

Si ricorda una donna in particolare che, in quanto a muscoli e forza fisica non aveva nulla da invidiare all'altro sesso: la Marianna Fortis di Ventraggia (1909-1969) che più volte ha partecipato alle gare maschili con le barche a remi. Nei giorni del mercato di Orta paese, donne provenienti a piedi dalle valli situate sulla sponda occidentale del lago, persino dalla Valsesia, scendevano a Pella con i loro prodotti per farsi traghettare sull’altra sponda : uova, pollame, verdura, frutta erano la loro risorsa. Per essere puntuali al mercato dovevano alzarsi alle quattro del mattino, portando a spalla il prezioso carico.
Paolina Miazza di Ronco
Un'altra figura di “barcaiola” di cui si serba il ricordo, è Paolina Miazza di Ronco, della quale abbiamo qui una immagine in cui rema alla “gondoliera”, stando in piedi sulla barca.